domenica 1 luglio 2007

101 Reykjavìk (floozie chi legge e poi fa la recensione)

"Cos'hai intenzione di fare?"
"Io?"
"Sì. Cos'hai in mente di fare?"
"Stasera?"
"No, in futuro."
"Non so. Non ho mai pensato a lunga scadenza."
"Niente che tu abbia voglia di fare... di diventare?"
"In realtà niente."
"Ma, voglio dire, non avrai intenzione di vivere tutta la vita con il sussidio di disoccupazione?"
"Non si può?"
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Vi presento Hlinur, trentatreenne islandese senza uno scopo nella vita, disoccupato per vocazione più che per scelta, che si accontenta di un non disprezzabile sussidio nordico (vi è già venuta qualche idea, eh?). Pigro, indolente e cinico. Troppo tempo davanti alla tv. Troppe videocassette hard. Troppe sigarette Prins e vita notturna perenne, considerando anche quella faccenda della luce solare islandese. Hlinur, uno spettatore della vita più che un uomo che si rifiuta di crescere. Uno che ha troppo tempo per pensare, e decostruisce la realtà. Uno che è facile incontrare al K-bar in situazioni equivoche, penose. Surreali.
Uno che non vorrei come amico. E soprattutto non vorrei avercelo in famiglia.
Come personaggio di romanzo invece funziona, è un filtro (a volte a base di stupefacente chimico e non) con cui vedere la realtà. La sua realtà, fumosa e spugnosa e densa e acre, come l'atmosfera lavica e fredda, salmastra e muschiosa della città in cui vive. Senza centrarla mai, la vita.
La cosa migliore: l'ambientazione. Fra tanti clichè metropolitani, scenari fotocopiati, e strade che hanno sempre gli stessi nomi, una storia ambientata nella capitale islandese fa presa. Qualcosa di lontano, culturalmente. Geografi-climaticamente aliena, la città della terra di ghiaccio e fuoco. Altra cosa buona: il tariffario di Hlinur (di più non dico, capirete se leggerete).
La cosa peggiore: lo stile. Iper concettuale, frammentato fino al nervoso. Troppo simbolista e solipsista. Peccato, perchè quando l'autore si concentra più sulla narrazione dimostra di saper scrivere.
Giudizio: sufficiente, in sè e per sè. Mezzo voto di più se lo si legge non con l'unico fine di svagarsi con una lettura piacevole. Qualche merito extra c'è, per esempio se piace lo slang personalizzato.
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Hallgrimur Helgason, "101 Reykjavik". Guanda. Pagato 13,43 euro da (T) qualche anno fa. Come minimo ora starà a sedicienovanta...
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(L)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

perchè un libro intitolato "101 reykjavic" è ambientato in FINLANDIA???

Anonimo ha detto...

ma invece di sp*ttanarmi non potevi correggerlo direttamente? ah, che amici...
Attenuanti: scritto stanotte dopo aver dormito tutto il giorno.
Naaa, in realtà non so la differenza fra i paesi che finiscono in "andia" o "anda".
Quando sono andato a Dublino mi sono portato il mio set da safari.
All'aereoporto ho pensato: però, fa freddo in Uganda.

Anonimo ha detto...

sì, avrei potuto... ma sarebbe stato meno divertente! ok per il braulio.

Anonimo ha detto...

stile solipsista...

...certo...

seeenti mitico, ma.......