Quando non sai se un film ti è piaciuto, significa che non ti è piaciuto.
Oppure che sei abbastanza presuntuoso da credere che se avessero ascoltato te sarebbe stato un film migliore.
O magari che non ne capisci abbastanza di cinema per apprezzare un film a cui manca qualcosa del film tipico. Cioè la trama, o meglio (per essere un pò più pedanti): la struttura narrativa.
Todd Haynes ha firmato una pellicola strana. Onirica, frammentaria, simbolista. Forse di simbolismo un pò dozzinale. E di solito quest'atteggiamento (questa posa) non mi piace, perchè se non conosci la storia di Dylan hai buttato i soldi del biglietto.
Dalla visione del film infatti non puoi cavare un ragno dal buco, se non entri già preparato.
Altri punti dolenti: fondamentalmente è un film apologetico e abbastanza parziale, sul versante dell'uomo Dylan. Uno che ha fatto dell'antipatia e del complesso di superiorità (votato allo sbeffeggio più evidente: cantare male a bella posta) una maschera quotidiana, non può essere descritto in tutta la sua rudezza e giustificato in quanto "bersaglio dei media". Troppo comodo.
Ultima nota acida: ma perchè non hanno fatto un film su Dylan, con la storia, la cronaca e tutta la poesia che una vita come la sua apporta naturalmente? Un film con Dylan, visto che probabilmente c'è anche lui (quanto meno il suo placet) dietro questo progetto?
Una fotografia che è un piacere.
Un film dalla colonna sonora stratosferica. Con le canzoni originali, con gli adattamenti altrettanto belli, note abbinate alle immagini in modo magistrale.
Un'idea di fondo insolita: sette fasi esistenziali. Sette personaggi diversi per sette sfaccettature dello stesso uomo.
Un ritratto riuscitissimo, quello di Jude Quinn, ovvero il Dylan più grande: quello in bianco e nero degli anni Sessanta, maggiormente ispirato. E, colpo da maestro, interpretato da una incredibile Cate Blanchett (guardate come si toglie gli occhiali, sembra davvero Bob).
Certo, se la parte più riuscita del film è la riproposizione fedele del film-documentario Don't look back (quello di Dylan in Inghilterra nel 1965) forse l'originalità non paga.
La cosa che ho apprezzato di più: la confessione che un giornalista cattivo rivela ad un arrogante Jude Quinn: non so se lei davvero non si preoccupa di niente o se si sforza di far credere questo alla gente.
Questa era la strada per cercare Dylan, invece è solo un accenno. Peccato.
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Oppure che sei abbastanza presuntuoso da credere che se avessero ascoltato te sarebbe stato un film migliore.
O magari che non ne capisci abbastanza di cinema per apprezzare un film a cui manca qualcosa del film tipico. Cioè la trama, o meglio (per essere un pò più pedanti): la struttura narrativa.
Todd Haynes ha firmato una pellicola strana. Onirica, frammentaria, simbolista. Forse di simbolismo un pò dozzinale. E di solito quest'atteggiamento (questa posa) non mi piace, perchè se non conosci la storia di Dylan hai buttato i soldi del biglietto.
Dalla visione del film infatti non puoi cavare un ragno dal buco, se non entri già preparato.
Altri punti dolenti: fondamentalmente è un film apologetico e abbastanza parziale, sul versante dell'uomo Dylan. Uno che ha fatto dell'antipatia e del complesso di superiorità (votato allo sbeffeggio più evidente: cantare male a bella posta) una maschera quotidiana, non può essere descritto in tutta la sua rudezza e giustificato in quanto "bersaglio dei media". Troppo comodo.
Ultima nota acida: ma perchè non hanno fatto un film su Dylan, con la storia, la cronaca e tutta la poesia che una vita come la sua apporta naturalmente? Un film con Dylan, visto che probabilmente c'è anche lui (quanto meno il suo placet) dietro questo progetto?
Una fotografia che è un piacere.
Un film dalla colonna sonora stratosferica. Con le canzoni originali, con gli adattamenti altrettanto belli, note abbinate alle immagini in modo magistrale.
Un'idea di fondo insolita: sette fasi esistenziali. Sette personaggi diversi per sette sfaccettature dello stesso uomo.
Un ritratto riuscitissimo, quello di Jude Quinn, ovvero il Dylan più grande: quello in bianco e nero degli anni Sessanta, maggiormente ispirato. E, colpo da maestro, interpretato da una incredibile Cate Blanchett (guardate come si toglie gli occhiali, sembra davvero Bob).
Certo, se la parte più riuscita del film è la riproposizione fedele del film-documentario Don't look back (quello di Dylan in Inghilterra nel 1965) forse l'originalità non paga.
La cosa che ho apprezzato di più: la confessione che un giornalista cattivo rivela ad un arrogante Jude Quinn: non so se lei davvero non si preoccupa di niente o se si sforza di far credere questo alla gente.
Questa era la strada per cercare Dylan, invece è solo un accenno. Peccato.
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(L)
15 commenti:
io direi che il film ha il difetto di presupporre una conoscenza troppo approfondita della biografia di Bob Landy (oops: Bob Dylan). Tanto che io mi sono sentito frustrato in quanto appassionato. Però non sono d'accordo sul "simbolismo dozzinale": di simbolismo ce n'è a iosa, ma non è affatto alla portata di tutti, tant'è che io spesso non sono riuscito a decifrarlo. Quindi lo definirei troppo "difficile", o troppo "sofisticato", ma non sicuramente dozzinale. Per il resto sono d'accordo su tutto. A parte un dettaglio: a conti fatti, non mi ha esaltato molto l'interpretazione di Cate Blanchett. E' stata fenomenale nel riprodurre l'aspetto e le movenze di Dylan (un super somiglione!), è non è poco, però finiva lì. Il mio Dylan preferito è invece stato senza dubbio quello interpretato da Heat Ledger: pur non somigliandogli, è riuscito a convncermi che Dylan fosse proprio così come lui l'ha interpretato. Richard Gere, al contrario, si becca la palma del più inutile. Questo è poco ma sicuro. Aò.
mi sa che questo film non se l'è cacato nessuno, eccetto noi due. dubito che partirà una discussione. Volevo solo aggiungere che la colonna sonora è pazzesca. Non si possono nemmeno citare le migliori canzoni, perchè sono state tutte strafiche.
apo..apologe..apolochè? ma 'nte senti come parli tutto ciancicato, mapparla come magni!Ahò! maddechè? Anvedi questo!
Oè, sono Gaia.
So che non c'entra niente col post (magari se avevo visto il film era meglio, ma vabbè), ma non ho trovato altri contatti.
Carino il blog, mi chiedevo se giusto per darsi un pò di visibilità incrociata si poteva fare un bel link exchange.
Io linko voi, voi linkate me, cose così.
Ecco il mio blogguzzo:
http://clos3th3world.blogspot.com/
Au revoir! ^__^
linkato molto volentieri.
se preferisci qualche intestazione particolare basta che ce lo dici.
Heat Ledger lo preferivo quando faceva Patrick in "10 cose che odio di te": quello sì che era un gran film...
comunque il film su bob complessivamente è stato interessante, e concordo sulla palma del più inutile. aò.
Grazie!!! Ora Ricambio.
Magari fai una cosa: scrivi "Mr. Gaia", giusto per non andare in confusione con la mia cantante (anch'essa bloggata).
Ciao!!
bella la recensione, però dal giudizio mi sa che non andrò proprio a vederlo, anche perchè non sono un fan di bob.mi sa che mi affitterò un classico di tomas millian che vado sul sicuro
se volete vedere che vespaio ha sollevato questo film nela comunità dei fans di Dylan, http://www.maggiesfarm.it/recensioniiononsonoqui.htm
ps: un saluto anche da parte mia a randolphcarter. pps: bello il tuo blog!
Sicuramente, se facessimo una rassegna cinematografica Floozie, "dieci cose che odio di te" ci sarebbe. Insieme a "road trip". Grande Patrick Verona!
ehi! avete visto il mappamondo? c'è qualcuno che vi visita dall'iraq..
pazzesco! credo però che il contatto sia da israele...
ma quanto internazionale è il floozie?
e se cambiassimo il sottotitolo da "blog of low moral standards" a "letto anche in medio oriente"?
io propongo "letto anche dal mullah dadullah"...e se fosse la siria? o l'iran? allora potreste sottotitolarlo "letto anche da un nanetto barbuto dal nome impronunciabile che stima hitler, nega l'olocausto e sostiene che nel suo paese non esistono gay (grazie tante li ammazzano) e soprattutto è così basso che la sua testa puzza di piedi".
sì vabbè... mò il Floozie se lo leggono pure in California (vedi mappa)... mi sa che questi che gestiscono il planisfero ci mettono i puntini a caso per farci contenti...
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